L'autista non rispetta i riposi? L'azienda deve risarcirlo

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Negli ultimi anni, le aziende di trasporto hanno visto aumentare notevolmente le proprie responsabilità in tema di rispetto della c.d. normativa sociale, costituita dall’insieme di norme di rango europeo e nazionale che disciplinano i periodi di guida, le pause e il riposo dei propri autisti.

Mi riferisco, ad esempio, all’art. 10 del Reg. CE 561/2006, che obbliga le aziende ad organizzare l’attività dei propri autisti, a formarli e a controllarne l’operato, affinché sia garantito il rispetto delle norme sociali. L’art. 174 del Codice della Strada, poi, al 14° comma sanziona l’azienda che non ottemperi a tali obblighi, irrogando una sanzione che oggi ammonta ad euro 327,00; detta sanzione, secondo una nota circolare ministeriale, va calcolata su ciascuna violazione commessa da ciascun autista sottoposto a controllo. Il Ministero dei Trasporti ha poi chiarito che, quando un autista viene sanzionato per la violazione delle norme sui periodi di guida, le pause e il riposo, si presume la responsabilità del datore di lavoro, il quale avrà l’onere di dimostrare il contrario (con tutti i problemi legati alle modalità con le quali l’impresa possa dimostrarlo; le norme e le circolari, infatti, non specificano nulla a riguardo). Ormai non sono più rari i verbali da diverse migliaia di euro contestati sulla base di questi principi.

A ciò vanno aggiunti gli adempimenti a carico dell’impresa previsti dal D.Lgs. 234/2007 (che ha recepito la Direttiva europea 2002/15/CE) in tema di organizzazione dell’orario di lavoro delle persone che effettuano operazioni mobili di autotrasporto. La norma non è perfettamente coordinata con il Reg. CE 561/2006 e può accadere che un’azienda che sia in regola con i dettami del regolamento europeo, non lo sia per le disposizioni del decreto legislativo.

Si potrebbe continuare, citando le responsabilità previste dal D.Lgs. 286/2005 a carico anche dei committenti e dei proprietari della merce, nel caso in cui i vettori violino le citate norme, oppure con i doveri di tenuta dei dischi del cronotachigrafo e dei dati digitali, le cui omissioni sono tutte sanzionate. Anche perché, una violazione commessa oggi, può essere rilevata nel corso di un controllo presso l’azienda ad opera dell’Ispettorato del lavoro, sino ad un anno di distanza.

Ora, dopo la pubblicazione della sentenza n. 25260/2015 della sesta sezione civile della Corte di Cassazione, l’azienda dovrà porre ancor più attenzione sull’operato dei propri autisti, perché alle citate responsabilità di natura amministrativa, se ne aggiunge una nuova: la responsabilità di tipo contrattuale (riferita al contratto di lavoro) nei confronti dei propri autisti ai quali dovesse essere negata la possibilità di effettuare in modo regolare le pause previste dal Reg. CE 561/2006 e dal D.Lgs. 234/2007. La Corte di Cassazione ha chiarito che in questi casi, in linea di principio, è ammissibile il riconoscimento di un risarcimento a favore dell’autista, a titolo di danno non patrimoniale per “usura psicofisica” e che la prova di tale danno può avvenire anche “per presunzioni semplici”. Ciò significa che, se l’autista dimostra che, a causa di un’errata o “distratta” organizzazione dei viaggi da parte dell’azienda, non ha potuto usufruire delle pause nei termini prescritti dalla legge, si presumerà che tali molteplici episodi di surplus lavorativo gli abbiano provocato uno stress lavorativo, che gli darà titolo per ottenere un equo risarcimento. Sulla scorta delle medesime argomentazioni della Corte di Cassazione, appare ragionevole aspettarsi future sentenze simili, anche in tema di eccesso di ore di guida.

Mai come oggi, dunque, l’azienda di trasporto dovrà tenere in considerazione il fatto che la violazione delle norme in materia di guida, pause e riposo dei propri autisti è diventata fortemente antieconomica, perché comporta gravi conseguenze di natura pecuniaria: con una sola violazione del proprio autista, infatti, si rischia di subire: a) la sanzione amministrativa a carico dell’autista (del cui pagamento anche l’azienda è responsabile in solido ai sensi dell’art 174 comma 13° C.d.S.), b) la sanzione a proprio esclusivo carico ai sensi dell’art. 174 comma 14° C.d.S, c) la sanzione per il mancato rispetto dei tempi di lavoro previsti dal D.Lgs. 234/07 (ad esempio in tema di lavoro notturno), d) la sanzione a carico del committente/proprietario della merce, con tutte le conseguenze di natura anche commerciale (non è raro il caso del vettore che paghi di tasca propria anche questa sanzione, per non precludere i rapporti commerciali…), ed infine c) una causa di risarcimento danni proposta dal dipendente, magari alla fine del rapporto di lavoro, nel corso del quale, spesso, gli sia capitato di non rispettare le norme di cui si discute. Se poi qualcuno pensa di spiegare al giudice che era l’autista a sbagliare, ho paura che non troverà molta comprensione.

A parere di chi scrive, appare oggi molto più vantaggioso per l’azienda prevenire tali situazioni, gestendo in modo efficiente i viaggi e la flotta, assumendo autisti preparati sulla normativa, che siano in grado di prendere le giuste decisioni su strada, evitando in tal modo all’azienda pesanti conseguenze economiche.

Avv. Federico Gallo